Morire di silenzio |
Ci sono cose che devono essere fatte per migliorare la vita delle persone ma che
si stentano a fare. Cosi' leggi che sanciscano il rifiuto dell'omofobia e mettano
al bando comportamenti improntati all'istigazione all'odio e alla violenza. Leggi
sulle quali sembra esserci un accordo diffuso ma che restano ancora solo all'orizzonte. Ci sono cose che devono essere dette e trasformarsi in comportamenti e relazioni che aiutino a infrangere tabu' superati e permettano alle persone di essere se stesse, nel rispetto di tutte le diversità individuali a condizione che si collochino in un contesto di responsabilita' collettive e di regole condivise. Deve diventare realta' quell'eguaglianza dei diritti cui fa riferimento la Costituzione all'art.3 "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua" che forse troppi dei nostri concittadini non hanno ancora recepito. Continuano invece ad esserci troppe cose che non si vogliono vedere o dire e allora prevale l'acquiescenza rispetto a un sistema dove gli stereotipi alimentano le false certezze e il conformismo, barattato per una rassicurante normalita', diventa un mito da salvaguardare ad ogni costo. Ma c'e' un luogo, in particolare, che non puo' arrendersi a questi comportamenti ed e' la scuola, dove le nuove generazioni vivono il difficile percorso di costruzione della propria identita' personale e sociale che li trasforma in persone adulte. Un luogo in cui, piu' che nell'ambito della famiglia, ci si confronta con i tanti modi in cui vivere la propria appartenenza di genere. Ma la scuola troppo spesso non vede, non sente, non parla, incapace di rapportarsi alle persone e ai loro problemi. E non basta coprire questi vuoti spostando l'asticella sul magico trittico delle conoscenze - competenze - abilita' o parlare di successo formativo. "Il soggetto, ragazzi, non dimentichiamo il soggetto" diceva l'insegnante che in tempi ormai lontani ci guidava nei meandri dell'analisi logica. 12 agosto 2013
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